Nota: Si tratta di una canzone ancora oggi conosciuta nelle zone del Casentino e nell’Arentino (e forse altrove, in Toscana). Autore del Lamento sarebbe stato il « poeta » Alfredo Murati, di Bucine, che avrebbe scritto la canzone nel 1924. In realtà, la canzone è certo anteriore al 1924, come testimonia un foglio volante che è stato ritrovato e che è databile alla fine del XIX secolo.
Lamento del contadino
Vi prego tutti, oh cittadini
Di ascoltare de’ contadini
Che dopo quanto che si lavora
E mai di pace non abbiamo un’ora
Colla zappa e lo zappone
E lo zaino sul groppone
Giovani e vecchi, tutti armati
Noi sembriamo tanti soldati
Si va colla speranza della raccolta
Si spera sempre sarà di molta
Poi vien la ruggine e la brinata
Ecco la vita bell’e disperata
Quando la faccenda è fatta
Quel po’ di grano che si arraccatta
Quando s’arriva alla battitura
E tutti còrgano con gran premura
Il primo frate che vien sull’aia
Saluta i’ cappoccia e po’ la massaia
E a sedere si mette al fresco
Lo vole il grano pe’ San Francesco
Poi c’è la monaca colla sacchetta
Lo vole il gran pe’ Santa Elisabetta
Per mantenere l’uso e il sistema
Al contadino la raccolta scema
Poi c’è il cappuccino con quella barba
Che gli ci viene dopo l’alba
Padre Dionigi e San Gregorio
Accattate l’anime del Purgatorio
Poi c’è il dottore, il veterinaio
Il fabbro, il sarto e il carzolaio
La levatrice con il becchino
Son tutti addosso al po’ero contadino
Po’ c’è i’ sensale colla bugia
Lui più di tutti ne porta via
E fa ‘na visita nella stalla
Lo vuole il fieno per la cavalla
Lasciamo andà queste partite
Ma ce n’è d’artre più squisite
E dopo tutte queste persone
La mezza parte la vole il padrone
Mangiare e bere ai mietitori
E po’ a pagarli saran dolori
E gli ci ricorre giù alla lesta
Al contadino cosa gli ci resta?
Quand’è fatta questa faccenda
S’olinga il turco per far la polenta
Per disfamare i nostri figlioli
Li si dice di fondà i paioli
Poi s’ingrassano i bei vitelli
E li si vendano freschi e belli
E l’altri mangiano le lombate
E noi si mangia testa e patate
Quando s’arriva alla vendemmia
Allora sì che si bestemmia
E gli si mette dentro le botti
E poi si vende e bona notte
Po’ si prende un po’ di vinaccia
Si fa una botte di acquettaccia
E lì si beve tutto l’inverno
Si soffre le pene dell’inferno
Poi c’è la massaia che viene in piazza
Con quei bei polli di prima razza
Per rivestire i lor bambini
A casa porta de’ savattini
Po’ c’è le ragazze franche e belle
Pe’ farsi il letto e le gonnelle
E dietro l’uscio le pongan l’uova
E chi le schiaccia poi nessun le cova
Così success’a’ miei finali
Non si sta peggio dei maiali
E si lavora quant’e bboi
E i maltrattati siamo sempre noi
Nota: Si tratta di una canzone ancora oggi conosciuta nelle zone del Casentino e nell’Arentino (e forse altrove, in Toscana). Autore del Lamento sarebbe stato il « poeta » Alfredo Murati, di Bucine, che avrebbe scritto la canzone nel 1924. In realtà, la canzone è certo anteriore al 1924, come testimonia un foglio volante che è stato ritrovato e che è databile alla fine del XIX secolo.
Il lamento del contadino
Vi prego tutti, oh cittadini
Di ascoltare i poveri contadini
Che dopo aver lavorato tanto
Non abbiamo mai un’ora di pace
Con la zappa e lo zappone
E lo zaino sulla schiena
Giovani e vecchi, tutti armati
Noi sembriamo tanti soldati
Si va con la speranza della raccolta
Si spera sempre che sia molta
Poi arrivano la rugiada e la brinata
Ecco la vita bella e disperata.
Quando la faccenda è fatta
Qui si raccoglie un po’ di grano
E poi si va alla battitura
E tutti raccolgono con gran premura
Il primo frate che viene all’aia
Saluta il cappoccia e poi la massaia
E si mette a sedere al fresco
Vuole il grano per San Francesco
Poi c’è la monaca con la sacchetta
Vuole il grano per Santa Elisabetta
Per mantenere l’uso e il sistema
Al contadino la raccolta scema
Poi c’è il cappuccino con quella barba
Che gli cresce dopo l’alba
Padre Dionigi e San Gregorio
Comprate le anime del Purgatorio
Poi c’è il dottore e il veterinario
Il fabbro, il sarto e il calzolaio
La levatrice con il becchino
Vanno tutti addosso al povero contadino
Poi c’è il sensale che dicendo una bugia
Più di tutti ne porta via
E fa una visita alla stalla
Vuole il fieno per la cavalla
Lasciamo stare queste faccende
Ma ce ne sono altre più squisite
E dopo tutte queste persone
Meta parte la vuole il padrone
Dar da mangiare e bere ai mietitori
E poi pagarli saranno dolori
E tutti vanno via in fretta
E al contadino cosa gli resta?
Quando tutto questo è stato fatto
Si raccoglie il granturco per fare la polenta
Per nutrire i nostri figli
Gli diciamo di ripulire cio che resta nel fondo delle pentole
Poi si ingrassano i bei vitelli
E si vendono grassi e belli
E mentre gli altri mangiano le lombate
Noi mangiamo testa e patate
Quando si arriva alla vendemmia
Allora sì che si bestemmia
Si mette dentro le botti
Poi si vende e buona notte
Poi si prende un po’ di vinaccia
Si fa una botte di acquetta
E si beve quella tutto l’inverno
Si soffrono le pene dell’inferno
Poi c’è la massaia che va in piazza
Con quei bei polli di prima scelta
Per poter vestire i suoi bambini
A casa porta delle ciabattine
Poi ci sono le ragazze disinvolte e belle
Per farsi il letto e le gonnelle
Dietro l’uscio pongono le uova
E se qualcuno le schiaccia, nessuno le cova
Così successe infine
Non si sta peggio dei maiali,
E si lavora come i buoi
E i maltrattati siamo sempre noi.
Note : This song is still known in the Casentino area and in the Arentino area (and perhaps elsewhere, in Tuscany). The “poet”, Afredo Murati, from Bucine, supposedly wrote the “Farmer’s Lament” in 1924. In fact, the song certainly predates 1924, which is proven by a loose sheet that was discovered and is datable to the end of the 19th century.
The Peasant’s Lament
I ask you, oh citizens
To listen to the poor peasants
Who, after working so hard
Never have a moment of peace.
With a hoe and a pick
And a rucksack on their backs
Young and old, all equipped,
We look like soldiers.
We begin with the hope of the harvest
We always hope it will be bountiful
Then come the dew and the frost
That is life, beautiful and desperate.
When all is ready
We harvest a bit of wheat
Then we move on to the threshing
And everything is harvested quickly
The first monk who comes to the threshing floor
Greets the overseer and then the housewife
And takes a seat outside
He wants the grain for Saint Francis.
Then there’s the nun with her bag
She wants some wheat for Saint Elizabeth
To maintain tradition and the system
The peasant’s harvest is reduced.
Then there’s the Capuchin monk with that beard
That grows after sunrise
Father Dionigi and Saint Gregory
Buy the souls from Purgatory.
Then there’s the doctor, the veterinarian,
The blacksmith, the tailor and the shoemaker,
The midwife and the undertaker
They all nag the poor peasant.
Then there’s the lying middleman
Who takes away more than everyone else
He visits the stalls
And wants the hay for his horse.
Let’s not think about this right now
But it gets even better
After all these people
The landowner comes along and wants half.
Give the harvesters something to eat and drink
But paying them will not be easy
And everyone leaves in haste
And what is left for the peasant?
After all this
We harvest the corn to make polenta
To feed our children
We tell them to scrape the pot clean.
Then we fatten the fine calves
And sell them fat and beautiful
And while others eat pork loin
We eat the head with potatoes
When it is time to harvest the grapes
Yes, now we really feel like swearing
We put the grapes in barrels
Then we sell them, and that’s it.
Then we take a bit of grape pomace
And make a barrel of cheap brandy
And we drink it all winter
Condemned to eternal damnation.
Then there’s the housewife who goes to the square
With those fine prime chickens
To be able to clothe her children
She takes home little slippers.
Then there are the beautiful, free-and-easy young girls
To make their bed and skirts
They place eggs behind the door
And if someone crushes them, no one protects them.
That’s what happens in the end
We are not worse off than the pigs
We work like dogs
And are always mistreated.