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The Columbia World Library of Folk and Primitive Music
Waggoner’s song (Canto di carrettiere)

Album: The Columbia World Library of Folk and Primitive Music compiled and edited by Alan Lomax. Southern Italy and the Islands. Edited by alan Lomax and Diego Capitella.
Date: [19-]
Performer: Domenico Lanza
Composer: Anon.; Chanson traditionnelle/Traditional song
Album location: 33-5A-00934
VERSIONE ORIGINALE IN DIALETTO SICILIANO  |  Map: Regional Origin

Nota: Cantato da Domenico Lanza à Bagheria, Sicilia. Registrato nel 1954 da Alan Lomax e Diego Carpitella.
Fino a non molti decenni fa, le merci venivano trasportate con il carretto: si trattava di prodotti per la campagna, per l’edilizia, il concime, il carbone, il sale, etc. Il carrettiere (mestiere ormai scomparso) attraversava lunghi percorsi su “trazzere” o “straluna”(strade poco agevoli) in completa solitudine, a volte per diversi giorni, avendo come unica compagnia il cavallo e le canzoni. Erano suggestivi, arcaici ed elaborati i canti che accompagnavano il duro lavoro del carrettiere fino ai “fondaci”, luoghi in cui fermarsi per riposare, bere, condividendo con latri carrettieri la fatica comune del mestiere. E non solo: nel fondaco i carrettieri si sfidavano a chi sapesse il canto più bello, a chi aveva la migliore “carenzia” (cadenza), una perfetta emissione vocale, il rispetto per il modello musicale tradizionale, riscuotendo il rispetto dei compagni. Tutto il repertorio dei canti alla carrittera è complesso e raffinato nelle trame, ma erano anche canti semplici, popolari che avevano per base musicale il suono delle boccole di ruota, in bronzo, che battevano durante la marcia contro le rondelle sull’asse delle ruote. Un suono simile a quello delle campane (sebbene più basso), che era insieme l’emblema e l’orgoglio dei carrettieri. Questi canti discendono direttamente dai “plan” (pianto, lamento) dei trovatori provenzali, e la donna, che ne è la protagonista nella maggior parte dei casi, è anche il soggetto dell’iconografia del carretto, disegnata dentro un girasole per evidenziarne il carattere variabile.

Canto di carrettiere

Testo originale incomprensibile.

TRADUZIONE IN ITALIANO

Nota: Cantato da Domenico Lanza à Bagheria, Sicilia. Registrato nel 1954 da Alan Lomax e Diego Carpitella. Fino a non molti decenni fa, le merci venivano trasportate con il carretto: si trattava di prodotti per la campagna, per l’edilizia, il concime, il carbone, il sale, etc. Il carrettiere (mestiere ormai scomparso) attraversava lunghi percorsi su “trazzere” o “straluna”(strade poco agevoli) in completa solitudine, a volte per diversi giorni, avendo come unica compagnia il cavallo e le canzoni. Erano suggestivi, arcaici ed elaborati i canti che accompagnavano il duro lavoro del carrettiere fino ai “fondaci”, luoghi in cui fermarsi per riposare, bere, condividendo con latri carrettieri la fatica comune del mestiere. E non solo: nel fondaco i carrettieri si sfidavano a chi sapesse il canto più bello, a chi aveva la migliore “carenzia” (cadenza), una perfetta emissione vocale, il rispetto per il modello musicale tradizionale, riscuotendo il rispetto dei compagni. Tutto il repertorio dei canti alla carrittera è complesso e raffinato nelle trame, ma erano anche canti semplici, popolari che avevano per base musicale il suono delle boccole di ruota, in bronzo, che battevano durante la marcia contro le rondelle sull’asse delle ruote. Un suono simile a quello delle campane (sebbene più basso), che era insieme l’emblema e l’orgoglio dei carrettieri. Questi canti discendono direttamente dai “plan” (pianto, lamento) dei trovatori provenzali.

Canto di carrettiere

Quando sono per strada
Vedo il paesaggio e le colline a gradini
Ma penso alla mia casa, al mio amore e al mio letto
Mio letto è fatto da molte rose e molti fiori
E conosco il mio letto come il fondo della mia tasca...

ENGLISH TRANSLATION

Note : Sung by Domenico Lanza, Bagheria, Sicily, 1954, recorded by Alan Lomax and Diego Carpitella. Until not too many decades ago, goods were transported in carts: farm products, construction materials, fertilizers, coal, salt, etc. The cart driver (a job that has disappeared now) would cover long routes across very difficult terrain. The driver would be completely on his own, often for days at a time, and his only company were his horse and songs. The songs were very charming, archaic and elaborate, and accompanied the driver in his hard work until he reached an area where he could rest, drink and meet up with other cart drivers. But talking wasn’t all they did: in these meeting places, the cart drivers would compete among themselves to see which driver knew the most beautiful song, who had the best singing voice, and respect for the traditional musical model would win him the admiration of his friends. The entire repertory of cart drivers’ songs has complex and refined plots, but there were also simple songs, folk songs, whose musical foundation was the sound made by the bronze-clad wheel rings that beat against the washers on the wheel axle. The sound was similar to the sound of bells (although softer) that was both the symbol and pride of the cart drivers. These songs are derived from the laments of the troubadours from Provence.

The Olive Tree’s Leaf

When I’m on the road,
I see the landscape and the terraced hills
But I think about my home and my love and my bed.
My bed is made of roses and of many flowers
And I know every inch of my bed . . .

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